MADONNA DI CAMPIGLIO – In questo momento Andrea Jonasson, vedova Strehler, starà degustando del buon pesce, sorseggiando Champagne. Una cena divenuta un rituale, il maestro morì la notte di Natale di quattordici anni fa, condivisa con pochi intimi amici, nel solito ristorante elegante dove, complice il ristoratore e la schiera di camerieri in rigorosa livrea, al tavolo si terrà un posto vuoto, apparecchiato, come per un ospite che potrebbe arrivare da un momento all’altro. "Un mio gioco per dirgli buon compleanno" il novantesimo…
Il bar dell’albergo nel quale alloggio è il tipico bar di montagna: legno ovunque, in questo caso di colore chiaro, lunghe assi al pavimento, grosse travi al soffitto e qua e là tavole di svariate dimensioni incastonate nell’intonaco candido illuminato da poche luci soffuse.
Un’atmosfera incredibile di pace e serenità, malgrado i numerosi avventori che sommessamente discutono tra loro, addolcita da una gentilissima ragazza che gira garbatamente fra i tavoli per servire birra, whisky o tisane calde come nel mio caso.
Mi sono accovacciato nella minuscola rotonda all’angolo, un bel tavolo circondato da una panca semicircolare in legno ricoperta di una morbida pelle di colore rosso, per leggere qualche pagina di giornale.
Poco lontano da qua, Marco Pantani dormì, forse, il suo ultimo sonno tranquillo.
Probabilmente già da tempo aveva imboccato l’oscura selva che dall’indomani lo avrebbe condotto nei gironi infernali dai quali non si sollevò più fino ad arrivare alla fine della sua corsa terrena un giorno di San Valentino di qualche anno dopo.
Solo.
In un freddo albergo di una cittadina meno garbata di questa.
La musica è ottima e diffusa nella maniera giusta, Sting, Mario Biondi, Giorgia, l’orchestra di Mancini. Brani che si susseguono languidamente l’uno dietro all’altro e senza interruzioni.
Non è necessario che vi parli ulteriormente del Pirata, lo hanno già fatto in molti e in tutti i modi possibili e immaginabili. Ma le mie riflessioni, e con simili atmosfere non potrei fare altro che questo, mi obbligano a scrivere di doping.
Prima mi siano concesse ancora un paio di precisazioni.
Sono partito con la famiglia per un giro ciclistico senza bicicletta, nel senso che è stato un giro nel quale di ciclismo ne ho solo parlato, e molto ma senza pedalare: prima tappa Lazise, un incantevole borgo in riva al Lago di Garda, per salutare un paio di amici ciclisti e portare la mia bimba al noto parco divertimenti di Gardaland e al Parco Zoo Natura Viva; seconda tappa La Villa in Val Badia per incontrare Edoardo e Gianfranco, conosciuti al corso per istruttori di mountain bike nel ’99, con i quali mi sono intrattenuto fino a notte fonda ricordando i bei tempi passati a scavezzacollo per le carrarecce dolomitiche con i nostri "cavalli di latta e gomma". Serata bellissima e indimenticabile, con triste parentesi dovuta ai dati che ci ha fatto conoscere il Signor Xxx da anni organizzatore di una delle corse ciclistiche più famose d’Italia.
Corsa alla quale quest’anno hanno chiesto di partecipare 28.000 atleti e alla quale ne sono stati ammessi 9.000. Attenzione a ciò che segue e ciascuno ne tragga le proprie conclusioni: di questi 9.000 corridori, 12 sono stati sottoposti al controllo anti-doping, di questi 12 ben 4 sono risultati non negativi, si deve ancora dire così perchè saranno positivi solo se tali saranno le contro analisi effettuate sulla seconda provetta, uguale alla prima, dentro la quale è stato sigillato il prezioso fluido corporeo.
Un po’ di matematica: i comportamenti di 9.000 ciclisti sono un bel campione se dovessimo applicare una statistica, considerato che i tesserati in Italia per la Federazione sono circa 70.000; pochi invece sono i 12 atleti su 9.000 sottoposti al test anti-doping sempre nel caso che si voglia procedere per stimare statisticamente un comportamento, ma se prescindiamo da questo, si potrebbe affermare che oltre il 30% di corridori non professionisti, i cosiddetti amatori, ricorrono a sostanze illecite, contrarie all’etica e soprattutto dannosissime per la salute, per vincere una cassetta di mele e un trancio di speck, o per correre e portare a termine con un tempo dignitoso l’impresa impossibile alla maggioranza dei comuni mortali, che rimarranno a bocca aperta e saranno prodighi di ammirazione quando gli verrà fatto vedere il giornalino della classifica generale con inciso il proprio nome sopra.
Gli errori alla base di questo orrore, scusate il gioco di parole, sono innumerevoli.
Parto dal basso.
La scuola e le società sportive che si occupano di sport giovanile raramente informano e se lo fanno lo fanno nel modo sbagliato, rivolgendosi ai soli bambini, e senza dare il giusto peso.
Salendo verso l’alto, sempre anagraficamente parlando, l’informazione si dirada fino alla latitanza e se proprio vengono passati dei dati si parla quasi sempre degli effetti positivi: non senti dolore, aumenta l’ossigeno ai tessuti, entra più aria nei polmoni e via così.
Altro errore fondamentale è credere che il doping esista solo nel ciclismo.
Credere che gli altri sport siano immuni da questa piaga è ignoranza bella e buona nel migliore dei casi, complicità alla sua diffusione, sempre della piaga doping, nel caso peggiore.
Mi è capitato di leggere, alcuni anni fa, potrei dire sette ma non prendete questo dato per buono, la tesi di laurea di un amico medico che trattava proprio del fenomeno dell’utilizzo di ormoni anabolizzanti nella pratica di alcune discipline sportive. Uno dei dati che mi fecero maggiormente stupore fu quello trasmesso dai NAS dei Carabinieri della città nella quale il mio amico aveva studiato: in alcune palestre venne sequestrata, fra le tante sostanze, l’emoglobina sintetica. Questa sostanza si utilizza nei Pronto Soccorso degli ospedali nel caso di grandi versamenti di sangue a seguito di incidenti che abbiano provocato lacerazioni nei principali vasi sanguigni e rispetto alle normali trasfusioni ha il grosso vantaggio della compatibilità con qualsiasi tipo di sangue così si possono accelerare notevolmente i tempi di somministrazione e annullare i rischi di rigetto.
A quel tempo, intorno alla metà degli anni novanta, in Italia, solo due ospedali potevano vantarsi di essere in possesso di emoglobina sintetica!!!
Pensate poi, che esistono sostanze dopanti che in poche ore ci possono far calare di peso di qualche chilo. Dove si utilizzano? Nelle discipline in cui gli atleti vengono suddivisi per categorie di peso. E cosa dire delle sostanze, che poi sono farmaci sia beninteso, che eliminano il naturale tremolio delle mani. Tremolio che per piccolo e quasi impercettibile che sia, a molti metri di distanza può farci allontanare anche di un palmo dal centro del bersaglio.
Incredibile, vero? Tutti pensavate che avrei scomodato il calcio, l’atletica e il nuoto, dite la verità.
Il problema del ciclismo semmai sta nel fatto che l’uso di farmaci, droghe o pratiche fisiologiche proibite è largamente praticato anche a livello amatoriale. La minoranza di due- trecento atleti professionisti, in fondo che cosa sono al confronto del 30% di 70.000 amatori?
Un piccolo contributo alla causa
DANNI ALLA SALUTE DOVUTI ALL’UTILIZZO SCONSIDERATO DI SOSTANZE APPARTENENTI ALLA CLASSE DEGLI STIMOLANTI QUALI:
ANFETAMINE (PLEGINE-LINEA VALEAS-PONDERAL-SURVECTOR-MUTABON-TOFRANIL-ECC.ECC.)DROGHE (COCAINA-ECSTASY-ECC.ECC.)
EFEDRINA (RINOVIT-POLARAMIN ESPETTORANTE-ARGOTONE-VIKSMEDINAIT-ZERINOL-ECC.ECC.)
BETA 2-AGONISTI (MONORES-MICOREN-CLENIL COMPOSITUM-SEREVENT)
INSONNIA, TACHICARDIA E GRAVI ARITMIE CARDIACHE-COLLASSI-CONVULSIONI-DEPRESSIONE DELL’UMORE - IPERTENSIONE ARTERIOSA-ASSUEFAZIONE E TOSSICODIPENDENZA- NEL CASO DEI BETA 2-AGONISTI ANCHE DIFFICOLTA’ AD URINARE E RISTAGNO VESCICALE
Iniziate a riflettere su questi dati, e mi rivolgo soprattutto ai tanti genitori che hanno figli che praticano sport.
Sono solo la punta dell’iceberg che affronterò per intero in una prossima puntata.
Un giorno, durante l’allenamento, ho chiamato da una parte Alessio, tennista professionista che oggi ha diciotto anni, e gli ho passato una bottiglietta di the freddo aperta. Come l’ha avvicinata alla bocca gliela ho fatta volare via con una manata e gli ho spiegato che mai nella sua carriera avrebbe dovuto accettare bottigliette aperte, neppure dall’allenatore con il quale si allenava tutti i giorni domenica compresa, che lo aiutava a studiare, con il quale tutti i fine settimana andava a cena insieme con le relative famiglie. Alessio già allora era un ragazzino in gamba, a quindici anni aveva già girato mezza Europa e a dicembre di quell’anno sarebbe volato da solo a Miami per disputare uno dei tornei più famosi del mondo, l’Orange Bowl, mi guardò e accennò un sorriso. Capi che non stavo scherzando e allora mi abbracciò e mi disse grazie.
Sperando di non avere salvato nessuno perché nessuno c’è da salvare,
vi saluto e vi auguro un buon ferragosto, ricco di sport sano e spensierato.
Vostro Massimiliano Lertora
e allora?
RispondiEliminaSe fai lo sforzo di aggiungere qualche altra parola al tuo commento mi si potrebbe chiarire il tuo < e allora? > al quale così come è messo mi viene da dare almeno un paio di interpretazioni. In secondo luogo firmarti come ti sei firmato mi fa un po' dispiacere. Pertanto se sei veramente interessato alle questioni che ho trattato nel mio articolo cerca di essere più chiaro e preciso, abbi un pochino di gusto in più e metti da parte l'essere scontato e, soprattutto, non inviare commenti anonimi ai quali non ritengo sia opportuno rispondere. Per non imbarazzarti ti lascio anche la mia mail:
RispondiEliminam-maxx@libero.it
A presto, Massimiliano Lertora
hai parlato di un argomento che potrebbe essere trattato comunemente in una rivista scientifica con una penna da romanzo.bellissimo articolo Massi, che io inserirei nel grande capitolo della cultura della Competizione, e chiaramente dell'educazione sportiva.
RispondiEliminaps:chiunque tu sia, autore del primo commento, oltre al fatto di aver commentato in maniera stupida su un problema serio e reale, non sei degno di firmarti in quel modo.Nessuno è degno di farlo.
Nicolò
Ciao Massi, complimenti per l'articolo! Purtroppo come dici te, il doping lo si trova anche nelle gare amatoriali, dove al massimo vinci una spalla di prosciutto.... non ho idea di quanto costi effettuare i controlli pre/post gara, ma dovrebbero cercare di estendere questi controlli anche alle competizioni amatoriali.
RispondiEliminaDavide
Grazie Ragazzi per i complimenti e soprattutto per avere capito quanto il problema sia serio (il doping fa veramente tanto male) e reale (il doping esiste a livello amatoriale e quindi vicino a noi).
RispondiEliminaNico, ribadisco ancora quanto sia dispiaciuto del utilizzo improprio del nome di Pantani, non curiamoci di questi "ominielli" che non riusciranno mai ad intaccare la memoria e le belle pagine di sensazioni delle gesta sportive che abbiamo del "Pirata". A suo tempo, caro Davide, ti parlo del 2000 e del 2001, in qualità di co-organizzatore della gara regionale di MTB che andava sotto il nome di GF delle Cinque Terre, mi informai presso la federazione circa la possibilità di effettuare almeno un paio di controlli anti doping. Mi venne risposto che si trattava di costi proibitivi e questo bastò a far desistere me e i miei colleghi dall'effettuarli considerando lo scarso budget a disposizione. In poche parole, preferimmo destinare gli avanzi di bilancio della gara in parte alla Croce Rossa locale, in parte alla società di calcio Azzurri Rivalsa che ci ospitava nel suo impianto sportivo e, infine, la cifra più cospicua venne impiegata per acquistare un completino ciclistico ai ragazzini che allora frequentavano, gratuitamente, la nostra scuola di MTB. Ecco, giuste o sbagliate che furono, le scelte di allora. In seguito venni a sapere che, grosso modo, il costo di un controllo antidoping, effettuato quindi su di un solo atleta, si aggirava intorno ai duecento euro. Ricordo con simpatia lo stratagemma adottato da alcuni organizzatori i quali diffondevano la voce che alla loro manifestazione sarebbe stata presente una commissione medica preposta ai controlli. Ovviamente si trattava di una "buffala" che non costava nulla ma destava qualche preoccupazione tra gli atleti.
A presto, Massimiliano Lertora